I vizi capitali… ovvero i pensieri malvagi

A novembre ci siamo visti con i nostri cari laici apostolici in cammino, per il consueto incontro di formazione. A “far da padrone” sono stati i peccati capitali, ovvero i pensieri malvagi secondo Evagrio Pontico. Tema interessantissimo che ci ha coinvolti in un intenso ascolto e dibattito. Innanzitutto, abbiamo specificato la differenza tra il peccato e il vizio, oltraggio e offesa fatta a Dio il primo, e “abitudine perversa che ottenebra la coscienza e inclina al male” (CCC) il secondo. Poi siamo partiti dal IV secolo, dove un certo Evagrio Pontico detta ai suoi fratelli monaci la lotta contro i “pensieri capitali”. Pensieri, cioè, che generanno altri peccati; li elenca disposti su tre piani in modo ascendente, sono otto disposti in 3+3+2:

* Il piano inferiore è costituito da GOLA, LUSSURIA, AVARIZIA. Hanno in comune il desiderio vorace. È l’uomo che cerca rimedio all’inquietudine, agitato e desideroso di “mettere in bocca” ogni cosa.

* Il secondo strato è fatto da altri tre: IRA, TRISTEZZA, ACCIDIA. Che cosa hanno in comune? Il rapporto con l’altro. È il desiderio irascibile, vendicativo (ira). Questo desiderio non può sempre realizzarsi e l’ira si trasforma in tristezza, in sentimento dell’offesa, in risentimento e l’accidia è la voglia di scappare dalla realtà.

* Il terzo strato comprende infine: VANAGLORIA E SUPERBIA. La vanagloria suggerisce il compiacimento della propria immagine. La superbia conduce ad affermare la propria autarchia. È il massimo dei peccati.

La vittoria sui primi tre “pensieri” genera la TEMPERANZA (dominio di sé).

La vittoria sui secondi “pensieri” la virtù della CARITA’ (amore del prossimo).

La vittoria sugli ultimi due genera l’UMILTA’.

In occidente, sempre nel IV secolo, un altro padre della chiesa e discepolo di Pontico, S. Giovanni Cassiano, riprende il suo schema semplificandolo. Cassiano, fondatore di molti monasteri, era più preoccupato di aiutare i suoi fratelli monaci, che non di approfondire la complessità dei pensieri dell’anima. Riduce, infatti, gli otto pensieri di Evagrio in otto vizi, suddivisi in sei vizi del corpo e due dell’anima, quest’ultimi corrispondenti alla vanagloria e alla superbia, ponendo l’accento sul corpo come radice del peccato.

Nel VI secolo Gregorio Magno, anche lui monaco, diventato papa, scrive non più per i monaci, ma per tutti i cristiani. Traduce lo schema degli otto vizi capitali nella vita comune di tutti, dove grande rilievo ha il rapporto con gli altri e la società in genere. Descrive lo schema di Evagrio e di Cassiano non più in modo ascendente, verso la perfezione del monaco, ma in modo discendente. Infatti, il primo vizio per Gregorio è la superbia. Egli è definito il padre del settenario, è proprio lui a fissare l’elenco dei sette vizi capitali che ancora oggi ricordiamo, dove la tristezza viene accorpata all’accidia, mentre la vanagloria alla superbia e viene introdotta l’invidia.

Ritornando a Evagrio Pontico, che ci guiderà in tutti i prossimi incontri, abbiamo visto come i vizi capitali sono barriere verso la Verità e che esistono due tecniche d’inganno, la rimozione e la proiezione, operate dal maligno. Dopo averle spiegate, il bisogno urgente, per non cadere in queste trappole, è la preghiera e il dialogo con Dio, in particolar modo all’inizio e alla fine della giornata, non facendo mai mancare la Parola del Vangelo. Terminata la catechesi abbiamo adorato Gesù Eucaristico, partecipato alla santa messa e infine cenato insieme condividendo ciò che ognuno di buono aveva portato.